La Polis senza nome

Vi fu un tempo in cui gli dei si spartivano le città per diventarne custodi.
Gli uomini avrebbero innalzato templi per i loro protettori ed istituito culti per i divini patroni .
Tutto scorse come stabilito senza affanno alcuno, fino a che rimasto l’ultimo luogo innominato, una contesa si aprì tra il secondogenito di Crono e la figlia nata dalla testa di Zeus: Poseidone ed Atena.
Il Dio con il tridente si fece avanti con un prodigio e su quella che sarebbe poi divenuta l’Acropoli famosa, fece emergere una sorgente d’acqua salata.
Atena, che di tutte le arti è saggia, portò un dono all’apparenza assai più modesto rispetto al primo, ma ella vede ciò che gli altri non immaginano .
Accanto al pozzo che i greci avevano costruito intorno alla sapida fonte da cui si ode il canto delle onde al soffio del vento del Sud, germogliò un primigenio ulivo, pianta tenace che può  pascersi anche in terre aride come quelle. Riuniti gli Olimpi dal loro sovrano a collegio, si volsero a giudicare la disputa e finalmente assegnare ad uno dei pretendenti la terra ancora senza nome. Zeus, padre dell’una e fratello minore dell’altro, si tolse dall’imbarazzo familiare, dichiarando la propria neutralità. Il responso della votazione dichiarò vincitrice Atena, che con un voto in più rispetto allo zio, si accaparrava  il premio tanto ambito. Ciò fu possibile poiché gli dei, contando un egual numero di individui per i due generi, ed ognuno esprimendo la preferenza per il candidato del proprio sesso con l’abbandono del re, il  gentil sesso poté prevalere. Lo sconfitto non vide con favore quest’onta ed, infuriato, sommerse con inondazioni le piane dell’Attica. Per placarne l’ira, i mortali decisero di compiacere il dio, trasmettendo da quel momento in poi solo nomi maschili alla discendenza come forma di rimborso onorario.
La città prese dunque il nome di Atene e ove si manifestarono i divini prodigi, gli ateniesi  edificarono un grande sacrario: l’Eretteo, in memoria di quei memorabili avvenimenti.