Categoria: CINEMA&SERIE TV
L’alba dei Morti Dementi

Periferia di Londra, Regno Unito. Shaun, commesso alienato di un negozio di elettrodomestici, oramai trentenne, si trascina all’interno di una vita scialba ed insignificante, costantemente in un “altrove” che è “in nessun posto”. Trascorre il suo tempo come in un perenne sogno di sonnambulo dell’esistenza. Unica oasi per il suo animo avvilito è l’amicizia con il suo coinquilino Ed, ininterrottamente sprofondato sul divano a giocare ai videogiochi, in continuo conflitto con l’avveduto Pete, terzo del gruppo di coinquilini mal assortiti. Ed conduce una vita sregolata e da puerile spacciatore a tempo perso, priva di qualsivoglia orizzonte, per certi versi, non così dissimile da quella di Shaun, sebbene al contrario di quest’ultimo, non l’avverta come un peso che lo precipita nell’apatia. Ed, con i suoi modi rozzi ed irresponsabili, è facile bersaglio del malanimo che suscita in tutti colori che gli stanno attorno, ciononostante, il fedele amico Shaun, come una coperta di Linus, si costringe morbosamente a non dismettere l’assidua compagnia, nonostante essa sia per lui primaria cagione di guai. Molto più che soventemente, Shaun trascorre le ore postume al crepuscolo al pub Winchester, un tetro localino il cui nome deriva dalla famosa casa produttrice del fucile appeso alle spalle del bancone. Le serate, tutte uguali, si susseguono con una tale ed insopportabile ripetitività da condurre all’esasperazione Liz, fidanzata di Shaun, con il quale non passa mai il tempo se non in presenza di Ed e dei coinquilini amici della ragazza. Questa esacerbazione del rapporto conduce Shaun a scordare di prenotare un tavolo per una cenetta intima e riappacificatrice, proponendole per l’ennesima volta il solito e noioso pub, portando inevitabilmente ad incrinare la relazione fino alla rottura. Annegati i propri dispiaceri nell’alcool, i fatti costringeranno Shaun fuori dal proprio torpore, non senza una certa dose di inconsapevole e comica riluttanza. Il giovane commesso è costretto a prendere le redini del proprio destino che, neanche a dirlo, ricomincia ove sembrava volesse strapparsi. La consapevolezza, però, tarderà un poco a farsi viva, poiché accecata dalla miopia cognitiva della sbornia, frutto di un’incauta notte di bagordi… Attento Shaun, ci sono gli zombie!
Il titolo del film è un omaggio, da lui molto gradito, al regista italo americano George A. Romero, che diresse “La Notte dei Morti Viventi”, pellicola promotrice di un’influenza sul genere tale da dettare a tutte le produzioni successive il canovaccio da svolgere. Il film, soggetto di Simon Pegg, è il primo capitolo di un ciclo sicuramente originale, denominato “La Trilogia del Cornetto” di cui fanno parte, oltre a quello che vi stiamo descrivendo, anche “Hot Fuzz” e “La Fine del Mondo”. Il film riceverà grandi apprezzamenti da nomi importanti del panorama cinematografico e narrativo in carta, quali Tarantino, Stephen King e Peter Jackson.

Bene, se avete visto il film potete continuare a leggere 🙂
Per ragioni di ritmo narrativo, sono state estromesse varie scene e battute dal film, con vari riferimenti alla cultura inglese, ma soprattutto a Spaced, sitcom di due stagioni da sette puntate co-creata dallo stesso Pegg e diretta da Edgar Wright, il regista del film. Per fortuna, a detta degli autori, il materiale scartato è stato relativamente poco, e ciò che non è stato girato ha trovato comunque il suo posto in un formato diverso, così da sbrogliare alcuni dubbi sulla storia. Narrati in versione fumetto (disegnati da Oscar Wright) con la voce dell’attore protagonista Simon Pegg, vengono presentati i fatti che non hanno trovato spazio nel film, ma che possono aver sollevato in alcuni degli interrogativi:
1.Quando Shaun attira i morti viventi per permettere al resto del gruppo di accedere più agilmente al Winchester, dove è andato realmente? Cos’ha fatto? Come è potuto tornare sano e salvo e completamente illeso? Presto detto, l’arcano è svelato: i redivivi sono esseri molto lenti, attirata verso di se l’attenzione, Shaun è semplicemente corso via in una direzione opposta rispetto il pub per distoglierli dai loro intenti poco encomiabili. In questa simpatica narrazione, il protagonista spiega che questi esseri sono tanto lenti da essersi dovuto addirittura prendere l’accortezza di fermarsi ogni tanto per aspettarli una volta ottenuto ciò che voleva, ovvero distanziarli dal pub. Si sarebbe quindi nascosto in un cassonetto della spazzatura, attendendo che lo superassero per poi tornare indietro dai compagni superstiti
2.Che fine fa Dianne? Una domanda che implicitamente sembrava rispondersi da se quando, brandendo l’arto del fidanzato smembrato, la ragazza si avventura nel cuore dell’orda dei famelici zombie. Colpo di scena: Dianne non è passata a miglior vita! Agitando a destra e manca il “pezzo” rimastole di David come una mazza, riesce a ritagliarsi una via d’uscita, e dopo una forsennata corsa, si arrampica su un albero ad attendere speranzosa il momento in cui sarebbe potuta scendere. Per giorni non vedrà nessuno, ma rimarrà prudentemente avvinghiata ai rami salvifici, non sapendo che la zona sgombrata dalla presenza dei morti era stata posta in quarantena.Per non morire di inedia, cede ai morsi della fame ed addenterà la clava-arto come un cosciotto di pollo succulento, nutrendosene per tutto il tempo che trascorrerà, ignorando di essere già salva.
3.Perché Ed è nel capanno degli attrezzi di casa? Come ci è arrivato? Il povero Ed, dopo essere stato contagiato ed aver permesso all’amico ed a Liz di fuggire, utilizzando il corpaccione di uno zombie steso a colpi di fucile come scudo, riesce a trarsi di impaccio fuori dal locale, per andare a rifugiarsi nel giardino di casa. Qui viene ritrovato dall’amico Shaun, che lo incatena dentro al capanno dove riprenderà la sua vecchia vita da zombie precedente al contagio, spesa a giocare con i videogiochi.
Ultima postilla: la vicenda è stata trasformata completamente a fumetti suddivisa in diversi albi.
Black Knight
Cominciamo dalla fine, dalla “morale della storia”. Gli avvenimenti che segneranno la vicenda che corre sulla pellicola, accompagneranno l’eroe attraverso il fuoco della palingenesi ad un nuovo sé migliorato, ad un ritrovamento di virtù sepolte da una vita intera nel buio fango di becero cinismo. Jamal Walker, nome del protagonista (Martin Lawrence: “Badboys” e “Da Ladro a Poliziotto”), è un addetto scansafatiche alla manutenzione di uno sciatto parco divertimenti a tema medioevale, prossimo al fallimento. Punito per la franca ed avvilente sfrontatezza dimostrata al proprio capo e proprietario del parco riguardo le sorti della sua creatura, viene spedito ad ingrati compiti di sanificazione del fossato che attornia la struttura. Jamal, attirato dallo sfavillio di un vistoso medaglione adagiato sul fondale del putrido torrenticiattolo che avrebbe dovuto ripulire, incurante delle proprie mansioni, cercherà di afferrarlo sporgendosi incautamente dal parapetto del piccolo ponte su cui si trova. L’avidità lo getterà zampe all’aria, tuffandolo nelle acque nere: qui comincia dunque la vera storia. Riemergendo dalle torbide ondulazioni, il povero Jamal faticherà a comprendere di essere stato trasportato nell’Inghilterra del XIV secolo, nei pressi della fortezza di un re di un popolo esangue prossimo all’insurrezione. Nemmeno il povero cavaliere in disgrazia ridotto a mero alcolizzato, Sir Knolte di Marlborough (Tom Wilkinson: “Full Monty” e “L’Importanza di Chiamarsi Ernesto), accampato sul litorale del lago da cui Jamal era sbucato poco prima, lo convincerà di non trovarsi più negli Stati Uniti, ma soprattutto nel proprio tempo. La narrazione si basa su fraintendimenti, talvolta comici di Jamal, con gli autoctoni e le stranezze che le controparti vedranno gli uni negli altri, che per sua fortuna, lo favoriranno, dandogli la possibilità di conoscere Victoria, di cui si invaghirà al primo sguardo. Ella gli permetterà di maturare, di superare la gretta e sciocca superficialità, ed unirsi infine alla sua causa di ribellione, facendogli abbandonare definitivamente il disfattismo con cui si proteggeva. Il film è una rivisitazione di “Un Americano alla Corte di Re Artù” del 1931 che, a sua volta, è tratto dall’omonimo romanzo fantastico di Mark Twain, uscito nel 1887, tra i primi rappresentanti di narrazioni con tema “viaggio nel tempo”. In Italia uscirà il 27 giugno del 2003, conservando il titolo originale “Black Knight”, da non confondere con il più recente, ma assolutamente altro “The Dark Knight” (Il cavaliere oscuro) ovvero il Batman di Christopher Nolan.
Principessa Mononoke
Partiamo dal titolo: al contrario di quanto potrebbe apparire, “Mononoke” non è un nome proprio, bensì l’epiteto con cui gli umani della “fucina” hanno battezzato la, per loro inquietante, giovinetta che abita nel fitto del bosco con i cani selvatici (lupi). La parola, non avendo un equivalente in italiano, è traducibile per difetto in Principessa Spettro, andando però ad intendere, più compiutamente, Principessa degli Spiriti Vendicativi o anche Spirito Vendicativo. La pellicola, uscita nel ’97, consacrerà al successo lo studio Ghibli, il produttore di molti girati oramai celeberrimi, presso il pubblico occidentale, fino a quel momento inspiegabilmente reticente. Nonostante il film si intitoli in tal modo, il vero protagonista della storia non sarà la ferina San (vero nome della ragazza) figlia di Moro, in tale ruolo è calato invece Ashitaka, ultimo principe di una razza isolata caduta in disgrazia, nel recesso più nord orientale e sperduto dell’isola. I due ragazzi saranno uniti da una vicenda che prenderà le mosse dalle scelte intrepide della Eccelsa Eboshi, Signora della Città del Ferro, che guidata dall’avidità e dall’incrollabile volontà, darà seguito ad una serie di eventi concatenati, che legheranno indissolubilmente gli attori della perniciosa vicenda che si andrà a configurare. Torniamo all’inizio della narrazione per immagini: nel romito villaggio degli Emishi, proveniente dalla foresta, farà capolino un enorme demone devastatore che, accecato dalla collera, si abbatterà sulla placida cittadina. Il baldo principe affronterà la spaventosa creatura con grande coraggio e pietà, domandandogli il perché di quella furia scellerata, con vani tentativi di placarlo dopo gentili ma risoluti ultimatum, si vedrà costretto a neutralizzarlo con la forza. Abbattuto l’ospite, verrà alla luce che esso era un enorme cinghiale e più tardi, che prima di essere consumato dal risentimento generato dal tremendo dolore della sua condizione sciagurata, fu protettore di un bosco lontano. Ashitaka, costretto al contatto dallo scontro, andrà incontro al proprio destino, preannunciatogli dalla vecchia sentinella presente al tempo dei fatti, ed esso lo vedrà ereditare la maledizione di quell’afflitto guardiano enfio di malignità. Da qui si dipartono i fatti della trama che si sviluppa attorno al desiderio del protagonista di scoprire la verità e di “vedere con occhi non velati dall’odio”, il quale nel frattempo ha accettato il proprio terribile fato e con esso l’esilio.
Il film, scritto e diretto da Hayao Miyazaki, è ambientato in un Giappone Medievale, simile al periodo tardo Muromachi, un tempo di grandi rivolgimenti, ma in definitiva fantastico, ed offre allo spettatore un tema quanto mai attuale, esso è cioè un dramma ambientalista, in un certo qual modo, storicizzato che cerca di rappresentare la convivenza conflittuale tra l’uomo e l’ambiente che lo circonda, determinato dalla violenza del primo commessa, con poca avvedutezza, sul secondo. In Italia l’animazione venne distribuita la prima volta nel maggio del 2000, con il titolo di Princess Mononoke. Più di recente, nel maggio di 14 anni dopo, essa si vedrà rimessa a lucido e distribuita nuovamente nelle sale, non più dalla Buena Vista International, ma a cura della Lucky Red con il nome Principessa Mononoke. In aggiunta ci fu un novello doppiaggio, più fedele all’idea originale, che assecondasse quelle che erano le intenzioni espressive del suo creatore, che attraverso la costruzione di dialoghi vicini all’affettazione, ambiva a ricalcare, immergendovene le parole, le atmosfere storiche imitate.
The Big Bang Theory
Titolo: “The Big Bang Theory”
Genere: Sitcom
Anno di Uscita: 2007
Stagioni: 12
Episodi: 279
Durata per episodio: 20 minuti

“The Big Bang Theory” è una serie TV ambientata a Pasadena, una cittadina della contea di Los Angeles, nello stato della California. A differenza delle serie ambientate nello Stato del Sole, nelle quali spesso e volentieri sono presenti ambientazioni come spiagge, bar sul mare e via dicendo, questa serie è ambientata sostanzialmente al chiuso, negli appartamenti dei protagonisti o sul luogo di lavoro degli stessi, coerentemente con le loro personalità. Il personaggio principale è Sheldon Cooper, un fisico teorico nato in Texas e trasferitosi in seguito in California per lavoro. Sheldon è caratterizzato da un forte interesse per la scienza, da un’estrema difficoltà nei rapporti sociali e da comportamenti compulsivi ed ossessivi affrontati in modo divertente per tutta la durata della sitcom. Attorno a lui viene sviluppato il personaggio di Leonard, migliore amico di Sheldon, consigliere, aiutante ed autista. Lenny, come talvolta viene chiamato nella serie, è laureato a Princeton ed è un fisico sperimentale. Le difficoltà di Leonard nel mondo delle amicizie e delle ragazze non sono dovute, come per Sheldon, all’incapacità di comprendere i sentimenti degli altri, ma alla sua condizione di NERD, appassionato di videogiochi e film, un ragazzo non esattamente popolare, soprattutto durante gli anni del liceo. Gli altri due personaggi principali sono l’ingegnere aerospaziale Howard e l’astrofisico Raji. Il primo è di cultura ebraica, morbosamente attaccato a sua madre e con il chiodo fisso della conquista delle ragazze, dalla quale purtroppo, non esce quasi mai vincente. Howard è simpatico, dalla comicità pungente ed auto ironica, spesso legata al suo essere ebreo ed alla condizione famigliare da cui dipende, ma dalla quale non riesce ad evadere. Infine vi presentiamo Raji, un ragazzo indiano di buona famiglia arrivato in California per lavoro e migliore amico di Howard. Raji è un giovane molto sensibile, spesso nella serie viene scherzosamente preso in giro per le sue passioni come i film con Sandra Bullock, la cucina e le attività che farà con le ragazze protagoniste della serie, come fare braccialetti con le perline o partecipare alla “serata tra donne”.
Il personaggio principale femminile della serie è Penny, una ragazza originaria del Nebraska, trasferitasi a Los Angeles con il sogno di diventare attrice. Penny è bionda, bella e solare, non alla portata dei protagonisti principali, soprattutto per interessi, totalmente opposti rispetto ai loro. Legge riviste di gossip e preferisce programmi spazzatura, piuttosto che film di fantascienza. Nonostante ciò, si innamora di Leonard, il quale seppur di natura timida ed insicura, riesce a conquistarla con la sua dolcezza. E’ proprio su questa relazione che si basano le prime serie, il costante desiderio di conquistare la vicina di casa Penny, e la reticenza di Sheldon a questo rapporto, in quanto fuori luogo e destinato (secondo lui) a finire. Le migliori amiche che conoscerà Penny nel corso delle stagioni sono Bernadette ed Amy. La prima è un’aspirante microbiologa, che Penny incontra durante i suoi turni di lavoro a “La Fabbrica del Cheesecake”, Bernadette infatti lavora qui per pagarsi gli ultimi anni di studi. Sarà proprio Penny a presentarla ad Howard per colpa (o merito) di una scommessa. Da questo incontro nascerà una delle relazioni più belle e divertenti di tutta la serie. Infine Amy, inizialmente isolata da Penny e Bernadette in quanto, apparentemente, la fotocopia di Sheldon al femminile. Fredda e studiosa, è una neuroscienziata di alto livello che sembrerebbe non aver nulla in comune con quelle che poi diventeranno le sue amiche. Dall’entrata di Amy nel gruppo, nasce una relazione, inizialmente solo di amicizia con Sheldon, di cui la ragazza si innamora e trova espedienti per rimanere sola con lui, riuscendo infine nell’intento di conquistarlo e trovandosi, per la prima volta nella vita, a dover affrontare i problemi di cuore dai quali non era mai stata turbata al liceo, conducendo una vita morigerata, votata allo studio ed alla castità.
“The Big Bang Theory” è una serie divertente e leggera, basata sulle avventure/disavventure comiche di un gruppo di amici, apparentemente molto diversi tra loro, ma aventi in comune fiducia e stima l’uno per l’altro. Gli attori interpretano alla perfezione i personaggi, caratterizzati da pregi e difetti, tutti diversi tra loro. L’amicizia è uno dei temi principali, più volte vengono presentate situazioni in cui i protagonisti necessitano dell’aiuto del gruppo, sempre pronto a sostenerli. Noi l’abbiamo letteralmente amata, ci siamo divertiti ed abbiamo imparato ad apprezzare ognuno dei personaggi, delle storie e delle relazioni che si creano all’interno di questa serie TV. Unico neo rilevante: le ultime due stagioni risultano un po’ diverse dal resto del progetto. Se inizialmente gli episodi fanno emergere diversi aspetti legati alle situazioni affrontate, nuovi amore e caratteristiche narrative d’impatto ed interesse, verso la fine quest’elemento viene un po’ a mancare. Gli episodi rimangono divertenti e leggeri, ma diventano via via più rarefatte le novità e le relazioni, come se non ci fosse più nulla da aggiungere. TBBT rimane una delle serie più coinvolgenti ed avvincenti di sempre, tanto da meritare di essere vista, rivista… e rivista ancora.
Bohemian Rhapsody (2018)

La paura era tanta, temevamo che questo film, come spesso accade, avrebbe rovinato la memoria di un mito. Nulla di tutto questo e se possiamo, vi consigliamo di andare a vederlo non appena ne avete tempo. Se non lo avete, trovatelo. Partiamo da un doveroso presupposto: non importa se siete fan accaniti dei Queen o se conoscete poche canzoni, non appena avrà inizio la pellicola possiamo assicurarvi che, oltre a vedere la sala piena, cosa ormai poco comune, il vostro vicino inizierà a battere le mani, muovere le gambe o tentennare il dito sul bracciolo della poltrona. Non staccherete gli occhi dallo schermo nemmeno per un secondo, nonostante la lunga durata di questo film che, dicevano in pubblicità, essere un cult ancora prima del debutto nelle sale. Emozionante da morire, non escludete la possibilità di commuovervi almeno un paio di volte, proverete un misto tra ammirazione e nervosismo, sapientemente rappresentato dalle vicende raccontate.
Un Freddy Mercury, o sarebbe meglio dire Farrokh Bulsara, ancora giovane ed inesperto, con tanto di denti sporgenti e capelli che rispecchiano appieno la moda del momento. Pian piano assisterete all’evoluzione del personaggio, da scaricatore di valige all’aeroporto londinese di Heathrow a genio indiscusso, promotore di valori nuovi, sdoganando concetti impensabili per l’epoca. La sessualità vissuta in maniera tormentata, spesso sofferente ed incerta, la band per eccellenza, prima affiatata tanto da essere tutti e quattro a scrivere le proprie canzoni, a sconosciuti ed iracondi l’uno con l’altro per la scelta di Freddy di accettare la proposta da solista. Una Regina Isterica. Una Lucertola Incazzata, dicono nel film, a causa dell’insolito modo di vestire. Un performer, mai scontato, sempre sul pezzo. La notizia della malattia, un fulmine a ciel sereno. Ed infine il concerto, il Live Aid, le migliaia di persone, teste, cuori, mani e piedi tutti per lui.
Non perdetevelo ed una volta visto, non esitate a scriverci cosa ne pensate.